martedì 4 maggio 2010

Piccoli Piaceri

PICCOLI PIACERI
Il piacere della sconfitta
di: Belfolk


Caterina dice che aspetta ogni mercoledì a partire dal mercoledì sera. Che è il suo piccolo momento di piacere.
Io non mi faccio illusioni, però: dice tante cose.
Quando arrivo ha già messo al loro posto i pezzi sulla scacchiera e i cuscini, visto che giochiamo sul pavimento e ogni partita dura un’ora o più.
“Non tocca a me il nero” faccio, come ogni volta.
“Si invece” dice lei, accarezzando i suoi pedoni bianchi come se fossero un piccolo esercito del bene.
Ama il bianco ed, ancora di più, ama avere la priorità: immersa in soffici nuvole fatte di cotone sembra Loreley che aspetta il suo marinaio. Alcuni cupcakes assieme a delle tazze di the sostano sul vicino tavolino e la tenue luce riverbera sui pezzi lucidi, dando al tutto un leggero effetto vintage: se ci fosse un vecchio libro di favole, questo momento potrebbe esserne una illustrazione.
E' ormai un anno che questa danza è iniziata e si è infilata sotto la pelle come una droga.
Senza aspettare oltre, lei muove il primo pedone puntando a conquistare il centro della scacchiera: non c'è mai bisogno che io faccia finta di non impegnarmi...anzi, è fin troppo brava! Ed è questo che rende le partite “di puro piacere”: l'impegnarsi con tutti noi stessi, far uscire i veri noi...senza tanti preamboli o false cortesie. Conosciamo le nostre tecniche di gioco quasi a memoria, ma lo staccare dalla normale routine e l'immergerci in quell'ora ci rende padroni di un mondo nostro: dei e, allo stesso tempo, piume trasportate dal vento.
Il suo alfiere scende in campo ed iniziano i dolori: il bianco avvolge e fa scomparire i miei piccoli frammenti di cioccolato; uno dopo l'altro vengono sacrificati per il suo piacere e il suo diletto. La osservo mentre un sorriso distaccato e sornione le si dipinge sul volto e non me ne importa: osserverei quegli occhi verdi e, allo stesso tempo, torbidi per l'eternità!
Mi sta letteralmente distruggendo, ma ho deciso di difendermi: cavalieri neri si battono strenuamente sul campo di battaglia, scogli dirompenti che infrangono quelle bianche onde.
A volte vorrei portare anche un po' di musica, ma non mi è permesso: i nostri incontri sono regolati da rigide regole e l'infrangerle dissolverebbe quella piccola magia.
“Non ti chiedi mai che cosa faccio gli altri giorni?” dissi all'improvviso, i suoi occhi si alzarono e mi fissarono per pochi secondi, per poi ritornare sulla scacchiera, “Uhm...non c'è bisogno! So che cosa fai quando sei con me.”, “E che cosa farei?”, la sua sottile e diafana mano si richiuse sul mio re, “Perdere direi!”.
Il tempo è volato, racchiuso in una bolla che volteggia piano: devo congedarmi.
Alzatomi dal pavimento, l'aiuto a raccogliere quell'esercito sconfitto e le do un bacio sulla fronte: “Tra una settimana, mercoledì prossimo: comincerò a contare da quando uscirai dalla porta!”, disse lei, “Ed io ci sarò, come sempre!”.
Chiudo la vecchia porta del salotto alle mie spalle e mi ritrovo sul bordo del burrone dell'eternità: bordi sfocati e mille voci chiamano la mia attenzione. Caterina, protetta in quella roccaforte, ha un'altra settimana di vita, altre ore di deliziosa routine, ed io spero sempre che mi batta, per godere in continuazione di quella compagnia.

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