domenica 2 maggio 2010

Contest BlusuBianco

Un nuovo concorso letterario, nuove storie partorite.
Un incipit a settimana e poi largo alla passione.
Ecco a voi la prima storia del BlusuBianco contest!

Sentirsi
A distanza qualcosa è cambiato


La sua camicia è una macchia bianca sul letto. Lei la ignora: infila nel cassetto la biancheria pulita, mette la borsa nuova sul ripiano più alto dell’armadio, apre la finestra e cambia aria alla stanza. Va a sedersi davanti allo specchio.
E’ bella, oggi; sembra quasi che il trucco di ieri sera le sia rimasto addosso. Ora può girarsi, raggiungere il letto.
Prima sfiora il colletto e accarezza le maniche, poi se la preme sul naso, sulla bocca. Sorride: che stupida.
Va all’armadio e cerca una stampella libera. Si sforza di non guardare il telefono anche se è lì, sul comodino.
In fondo si sono lasciati un paio di ore fa... è inesatto: si sono lasciati 1 ora, 49 minuti e 30 secondi fa!
Quei pochi giorni di vacanza sono finiti e lui ha ripreso il treno, ma si era dimenticato la camicia sul letto: tortura e delizia dei sensi. Quella bianca stoffa è impregnata del suo odore: stordente come un campo di iris blu, avvolgente e rassicurante come lo zucchero filato al luna park. Sfiora ancora una volta il bavero e, con un gesto risoluto, ripone la camicia nell'armadio.
Avevano deciso di passare tutta la notte fuori, senza dormire: godere della compagnia dell'un l'altro, imprimersi nella mente ogni piccolo particolare, aggrovigliare sottili filamenti d'anima, poi l'aveva accompagnato alla stazione. Non c'erano stati addii da film, con il fumo della locomotiva ed il tempo che si ferma, decisamente no! C'era stata una corsa sui binari, un bacio sottolineato dal fischio del capotreno e poi un parlare muto attraverso il vetro delle porte chiuse, in attesa che il treno partisse...in ritardo! L'alba aveva fatto capolino appena uscita dal piazzale della stazione: fredda, bianca e rosa ad avvertire che un nuovo giorno iniziava.
Ricominciare: spesa, organizzare il lavoro per l'indomani, fare la lavatrice.
La sua mente è fatta così: aveva addirittura accelerato il passo per andarsene dai binari, neanche volesse fuggire da quella partenza, come dire “è andato!”; mentre in fondo il suo stomaco era lì a sussurrare che quello stato di grazia sarebbe durato per un po'.
Musica: il lettore mp3 spande delicatamente per la stanza l'ultima canzone selezionata, le corde di una chitarra vibrano dapprima lente e poi sempre più veloci, così come i suoi pensieri.
La sua voce si leva: canta raramente, una terapia inconscia il più delle volte. Lo squillo del telefono la interrompe: una sua collaboratrice le chiede consiglio per un loro progetto! La mente ha il sopravvento, il PC si accende e la mattinata parte. In effetti perché non sfruttare quell'ultimo giorno fuori dal cubicolo per portare avanti il suo ingombrante passatempo? Un pranzo che assomiglia pesantemente ad una colazione, un ultimo sguardo alle tavole grafiche e l'idea di uscire per andare in tipografia.
Il cielo si rannuvola, il freddo si è fatto più pungente: meglio mettere qualcosa di più pesante. Si dirige distratta verso l'armadio, apre l'antina ed improvvisamente, violentemente, un odore dolce e intenso la investe: il suo odore! Lo stomaco questa volta decide di urlare: malinconia e, forse, lacrime.
Possibile? Eppure se ne è appena andato! E' tutto sbagliato e, purtroppo, tutto maledettamente logico. Uno sguardo al telefono ancora sul comodino e l'incontenibile voglia di sentire la sua voce: uno squillo, due, tre... Rimane pietrificata e poi corre a rispondere: “Ciao, tutto bene?” dice lui dall'altro capo; l'effetto è quello di un pugno, ma la risposta è semplice, paurosamente normale, come se fosse una delle tante telefonate fatte in quei mesi e si protrae in una conversazione fittizia. Poi lui se ne esce con una frase senza senso: “Sai, ti ho sognata in treno. Mi sono addormentato ed ho sognato che eri lì accanto a me a parlarmi di lavoro mentre mangiavi dello zucchero filato, ma poi hai cominciato a piangere...”; lacrime calde e silenziose si affacciano sulle guance di lei andando a bagnare la cornetta; “...io non sapevo che fare, così mi sono alzato, ho aperto una porta e ci siamo ritrovati in un prato e ti ho detto: “Ti amo!”; pochi secondi di pausa e poi: “Ti amo!” questa volta con un tono di voce inedito. Una manica del maglioncino a tamponare le lacrime, un piccolo respiro e: “Volevo sentirti! Mi sei mancato!”
Che per lei corrisponde alla più grande delle dichiarazioni.

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